Le Presidentesse

stagione 2018-19 teatro labarca, milano – a cura di anna bonel ed egidio bertazzoni

testo

w. schwab

musiche

nino rota

adattamento e regia

claudio ottavi fabbrianesi

attrici

federica valenti

patrizia scianca

rossana peraccio

luci

stefano turino

costumi

agostino porchietto

scene

federico bregolato

produzione

il piccolo teatro d'arte

Argomento

Primo dei tre drammi fecali, Le Presidentesse si presenta formalmente come una commedia tradizionale di conversazione: tre donne, tre misere pensionate abbandonate da Dio e isolate nel loro piccolo mondo che conversano davanti a un televisore che trasmette una messa del papa.

Erna, interpretata da Federica Valenti, è l’eroina del risparmio che usa la carta igienica come filtro del caffè e porta il peso di un rapporto morboso e opprimente con un figlio alcolizzato, disgustato da se stesso e dal prossimo;

Grete, è la vedova allegra, interpretata da Patrizia Scianca, che spera ancora nei piaceri della vita ma che è costretta a fare i conti con due matrimoni falliti e una figlia scappata in Australia, per sfuggire il padre che “la castiga nel letto matrimoniale”;

Per Maria, interpretata da Rossana Peraccio, l’universo è un gigantesco macchinario vitale, in cui si mangia e si caca; quindi è necessario esista qualcuno che sturi i condotti intasati affinché il tutto possa nuovamente funzionare. Maria è la predestinata al compito, colei che per eccellenza è in grado di assolverlo, perché “lei lo fa senza” (guanti) a mani nude, senza provare schifo.

La curiosità voyeuristica con cui W. Schwab segue i suoi “deliziosi idioti”, viene disturbata dal dolore e dalla ferocia che accompagna il supremo tentativo di trovare un accordo tra la filosofia minima della sopravvivenza e quella della salvezza eterna. I conflitti canonici delle pièce di conversazione creano in questo testo non solo tensione tra i partecipanti, ma una vera e propria escalation di dolore. La lotta per la redenzione della propria anima, tra salsicce e apparizioni della Madonna, è un gioco doloroso e serissimo in cui il grottesco di ogni situazione cede man mano il terreno a una tragedia annunciata.

La patria ideale di Schwab non è la scena ma il linguaggio. Le parole, date a prestito per scatenare l’evento teatrale servono a soffrire, a vuotare l’anima e tutto quello che ci sta dentro: il corpo.

Trama

La scena mostra un’isola in una discarica dalla quale le donne non possono scendere. L’atmosfera è sospesa e le donne, rapite dal tubo catodico, sono grottesche nei loro eccessivi fisici e verbali. Le preghiere papali e i notiziari riecheggiano nella sala: sono segnali del mondo esterno che arrivano distorti e stonati e contrappuntano tutto il primo tempo. Erna, Grete e Maria parlano informalmente del più e del meno lasciando affiorare dagli abissi delle loro autobiografie matrimoni fallimentari, separazioni, lotta per la salvezza – in questo mondo e nell’altro.

La seconda scena è occupata da un sogno ad occhi aperti delle tre donne in estasi: Erna sogna di essere salvata dal macellaio Wottila che ha le visioni della Madonna nel bosco e ha fatto voto di tenere la mortadella in sconto per tutta la vita; Grete immagina un corpulento suonatore di basso tuba che le assaggerà il solido didietro; e alla povera Maria, messa in disparte dalle altre due, non restano che tre cessi intasati e i loro misericordiosi misteri…